Spicello (PU), 19 Gennaio 2025
In una domenica di gennaio, fredda come solo le Marche sanno essere, con i monti Catria e Nerone innevati, il Santuario di San Giuseppe in Spicello si è trasformato in un laboratorio di speranza. Non di quella speranza evanescente, fatta di promesse lontane, ma di quella che si costruisce giorno dopo giorno, nelle relazioni, nell’amore che si fa carne e condivisione. È qui che il Vescovo Andrea Andreozzi, della Diocesi di Fano-Fossombrone-Cagli-Pergola, ha scelto di iniziare un percorso. Un cammino giubilare per famiglie, intitolato “Quando l’amore è per sempre – Un cammino di speranza”. Un titolo ambizioso, che non nasconde le difficoltà e le sfide che le famiglie si trovano ad affrontare. Ma che, al contrario, vuole offrirsi come una bussola. Un faro nella notte. Il titolo di questo primo incontro: “Fate quello che vi dirà…” (Gv 2, 2).
L’evento, organizzato dall’Istituto Santa Famiglia e dall’Ufficio di Pastorale Familiare della Diocesi, ha visto la partecipazione di numerose coppie e famiglie, desiderose di interrogarsi sul significato profondo dell’amore e sul suo ruolo nel contesto attuale. E il Vescovo, con la sua parola pacata e incisiva, ha preso il via da un episodio del Vangelo che ha in sé la forza e la fragilità della vita: il miracolo delle nozze di Cana.
Il miracolo della trasformazione dell’acqua in vino, ci racconta il Vescovo, non è solo un racconto di prodigi. È una metafora, un’immagine potente di ciò che è chiamato a compiersi nelle nostre relazioni. Inizia con una mancanza, con l’amara constatazione che “non hanno più vino”. Una frase che suona familiare, che sembra rispecchiare l’aridità di molti amori, la stanchezza di tante promesse non mantenute. Ma proprio da qui, da questo vuoto che sembra incolmabile, può scaturire una nuova pienezza.
Il Vescovo, durante il proprio intervento, ha ripercorso il significato profondo del vino nella Bibbia. Quel simbolo dell’amore che nasce, si coltiva e raggiunge la sua piena maturazione. Ha parlato della “stanza del vino” del Cantico dei Cantici, quel luogo dove gli amanti si incontrano e si donano l’uno all’altra. Ma il suo discorso, ben presto, ha oltrepassato la dimensione nuziale per entrare in quella più ampia e complessa delle relazioni umane.
“Non hanno più vino”. Una constatazione che diventa, per il Vescovo, un’occasione per interrogarsi. Cosa significa, nel profondo, questa mancanza? È solo un problema di logistica, un difetto nell’organizzazione della festa? No, dice con forza, è qualcosa di più. È la mancanza d’amore, la difficoltà di continuare a credere nel valore di una promessa, di un impegno. “Non si amano più”, ha detto, con una franchezza che ha spiazzato alcuni, ma ha aperto il cuore di molti.
E a questo punto, colpo di scena, interviene Maria. Non una madre immobile e silente, ma una donna capace di farsi carico della sofferenza altrui. “Madre del bell’amore” e “Madre della santa speranza”, l’ha definita il Vescovo, riprendendo le parole del libro del Siracide. E Maria, consapevole del problema, non si limita alla critica, al lamento sterile. Si rivolge al figlio e poi indica ai servitori: “Fate quello che vi dirà”. Un invito semplice e potente, che diventa una chiave per uscire dal labirinto dell’aridità.
Il Vescovo ha poi spostato lo sguardo su Gesù, descrivendolo come lo sposo che riattiva le nozze dell’alleanza. Colui che ristabilisce la pienezza dove c’era mancanza. E ha sottolineato la frase di Gesù: “Non è ancora giunta la mia ora”. L’ora di Gesù non è altro che l’ora della croce, del dono totale di sé, dell’amore fino alla fine. La sua ora è l’ora in cui si compie l’amore più grande, quello che supera il limite della vita.
“Non è ancora giunta la mia ora”. Non è una risposta di rifiuto, ma un invito alla crescita, una chiamata alla consapevolezza che l’amore maturo ha bisogno di tempo e di impegno. Ha bisogno di un cammino, di un percorso che passa dal cuore, il luogo in cui si può fare esperienza della parola di Dio.
Il Vescovo ha poi proseguito la sua riflessione, paragonando l’acqua, versata dall’esterno, all’esteriorità, al rispetto delle norme e delle leggi. Mentre il vino, attinto dall’interno, rappresenta l’amore che sgorga dal cuore, da quella sorgente che ha la sua radice in Dio. Ha richiamato le parole dell’enciclica di Papa Francesco dedicata al Sacro Cuore di Gesù, che “ci ha amato fino alla fine”. Sottolineando l’importanza del cuore come luogo dell’incontro con Dio, luogo dove “scrivere l’alleanza con lui” e dove “custodire il dono dell’amore”.
E alla fine del suo discorso, il Vescovo, guardando le coppie presenti, ha rilanciato un invito alla speranza e all’azione. “Fate quello che egli vi dirà”, ha ripetuto, un invito che risuonava come un compito, una sfida da raccogliere.
Perché, ha spiegato, l’amore non è una questione di superficie, di regole o abitudini, ma è una questione di cuore. Un cuore che si lascia trasformare dall’amore di Dio e che, a sua volta, diventa capace di amare. Ha sottolineato che il Vangelo ci ricorda come il vino buono arriva alla fine. Come la bellezza vera si costruisce giorno dopo giorno, nelle relazioni. Ha descritto la madre di Gesù sotto la croce, insieme al discepolo che Gesù amava. Esattamente come l’immagine di una comunità che continua a vivere dell’amore dello sposo. Capace di generare nuovi figli nella fede e nell’amore.
La vera speranza, ha concluso il Vescovo, non è una chimera, un’illusione, ma la possibilità di vivere rapporti autentici. Di amarci gli uni gli altri e di trasmettere la vita e l’amore dello sposo alle persone che incontriamo. “Se ci si ama”, ha detto, “la madre avrà ancora dei figli e i figli avranno una madre”. Ma se ci si rinchiude nell’aridità, se ci si limita a rapporti istituzionali, le comunità rischiano di diventare luoghi sterili, incapaci di generare vita.
Le parole del Vescovo, in questo freddo pomeriggio di gennaio, hanno illuminato la sala, hanno scosso le coscienze, hanno riacceso una fiamma di speranza. Hanno ricordato, a tutti noi, che la vita non è un punto di arrivo, ma un cammino. E che, in questo cammino, l’amore può diventare la strada per la vera pienezza. Per quel vino buono che, come il migliore dei vini, arriva alla fine. Non un finale, ma… l’inizio di una nuova storia!
Cliccando sul tasto play (la freccia bianca) o qui, sarà possibile ascoltare l’audio dell’incontro.
Équipe Comunicazione
Istituto Santa Famiglia
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