Testi liturgici: Is 6, 1-9; I Cor 15,1-1,13; Lc 5,1-11
Sappiamo che ogni miracolo è un fatto prodigioso, ma nel contempo è anche un segno che sottintende una verità che dobbiamo scoprire.
È facile riconoscere il miracolo nella pesca miracolosa, cioè avvenuta in maniera del tutto straordinaria.
Qual è il segno, qual è il suo significato?
Per comprenderlo si tratta di leggerlo nelle parole e nelle azioni di Simon Pietro, al quale molto spesso assomigliamo anche noi.
Alla richiesta di Gesù di gettare la rete per la perca Pietro risponde: “Abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla”.
Potremmo leggervi, come sottinteso, una poca stima per Gesù, considerandolo quale poco intenditore di pesca. Se non si è pescato di notte, tanto meno questo può avvenire di giorno. Pur tuttavia, quasi a modo di sfida, come per potergli dire successivamente: “Vedi che avevo ragione?”, obbedisce: “Sulla tua parola getterò la rete”.
Di fatto deve ritirare il suo pregiudizio; a malincuore deve riconoscere di essersi sbagliato, cosa che esprime con queste parole: “Signore, allontanati da me, perché sono un peccatore”.
“Peccatore” non nel senso di come potremmo intendere noi, ma nel riconoscere che davanti Gesù tutti noi di fatto siamo un nulla, senza di lui non possiamo mai combinare qualcosa di veramente buono.
Analogo è il comportamento e analoghe sono le parole del profeta Isaia: “Un uomo dalle labbra impure io sono”.
Analoghe anche le parole di Paolo: “Gesù apparve anche a me come ad un aborto. Sono il più piccolo tra gli apostoli e non sono degno di essere chiamato tale”.
Quale insegnamento per noi?
Sino a che vogliamo contare più su noi stessi che sul Signore faremo sempre fiasco. Ammesso pure che in qualche maniera contiamo sul Signore, però spesso lo facciamo con un atteggiamento sbagliato, nel senso che non siamo noi ad obbedire a lui, ma è lui che in qualche maniera deve obbedire a noi, nel doverci aiutare in quello che abbiamo già programmato noi.
Con questo atteggiamento non si ottengono miracoli. Infatti, il Signore non può intervenire e fare prodigi in chi è pieno di sé. Se manca l’umiltà, manca tutto.
Al Signore piacciono gli atteggiamenti e le risposte di Pietro e di Isaia, come pure quelle di Paolo. Per tale motivo affiderà loro un compito che, se svolto con fedeltà, amore e disinteresse, compirà veramente miracoli.
Ed ecco cosa dirà a Pietro: “Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini”.
Ad Isaia dirà: “Ecco questo carbone ardente ha toccato le tue labbra, perciò è scomparsa la tua colpa”
Ed alla domanda: “Chi andrà per noi?”. La pronta risposta di Isaia: “Eccomi, manda me!”.
Ed ecco anche Paolo che di fatto non si riconosce apostolo, anche se poi di fatto lo sarà in maniera grande ed infaticabile. Egli riconosce la grande riuscita proprio per la presenza del Signore: “Ho faticato più di tutti, non io però, ma la grazia di Dio che è in me”.
Questo vale anche per tutti noi. Se ci riconosciamo incapaci sotto diversi aspetti, ma ci affidiamo al Signore rispondendo alla sua chiamata, può fare grandi prodigi.
Ed allora sempre avanti nella gioia!
Sac. Cesare Ferri rettore Santuario San Giuseppe in Spicello
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